Il colore dei denti risulta dal passaggio della luce attraverso lo smalto traslucido e la sua riflessione a livello della dentina sottostante, che ne è la vera responsabile.
La corona del dente infatti è formata esternamente dallo smalto, che è un tessuto mineralizzato, organizzato in cristalli prismatici rivestiti da guaine e inglobati in una matrice, detta interprismatica, che riveste la dentina sottostante.
Alimenti, bevande e fumo giungono a contatto dello smalto e, interagendo con la guaina e la sostanza interprismatica, tendono ad ingiallire i denti, aumentando il croma della dentina e riducendo la traslucenza dello smalto.
E’ proprio per contrastare questa lenta e costante azione di ingiallimento e per sbiancare i denti che vengono utilizzati perossido di carbamide e perossido di idrogeno.
Le formulazioni in uso differiscono nelle concentrazioni di tali sostanze e di conseguenza variano i tempi di applicazione e la durata del trattamento.
L’azione sbiancante avviene sui gruppi cromofori della dentina che vengono disgregati in composti a minore peso molecolare, interagendo con l’ossigeno nativo liberato dai perossidi (in seguito a reazioni red-ox) . Queste nuove sostanze pigmentanti diventate più piccole, riflettono la luce in modo diverso e rendono il dente molto più luminoso.
Numerosi studi effettuati hanno dimostrato, a livello microscopico, lievi modifiche dello smalto e della dentina riparabili spontaneamente (entro 90 giorni dal termine dello sbiancamento) verosimilmente responsabili della temporanea ipersensibità, che rappresenta l’effetto collaterale più frequente .
E’ per questo motivo che al termine del trattamento può essere indicata l’applicazione di fluoro.
La cariorecettività invece appare diminuita, probabilmente anche in seguito ad una igiene più scrupolosa da parte del paziente durante il trattamento domiciliare.